Cina e Golden Power il software di Robox ora diventa strategico - La Stampa

2022-07-23 11:46:27 By : Mr. jianfeng chen

La voce de La Stampa

«Siamo qui da quasi 50 anni e nessuno si è mai accorto di quanto lavoro abbiamo dato, è arrivato il Golden Power del governo sull’operazione con il nostro partner cinese, e siamo improvvisamente sotto i riflettori».

Roberto Montorsi è il presidente e fondatore di Robox, l’azienda di elettronica di Castelletto Ticino che realizza il «cervello», i sistemi di controllo dei robot industriali, per cui il Governo Draghi ha esercitato il veto al trasferimento di tecnologia e software alla Cina in un accordo che coinvolge il produttore di robot industriali cinese Efort Intelligent Equipment e la società del Lago Maggiore. Con lui i figli Lea, nel cda e responsabile marketing, e Marzio, alla guida della «costola» cinese di Robox.

Se Draghi ha esercitato questo potere significa che siete una delle aziende più strategiche della Penisola? «Significa che siamo una delle poche rimaste a sapere fare molto bene un certo lavoro, che è stato abbandonato con gli anni. Sono un ingegnere elettronico, mi sono formato in quel cantiere-laboratorio straordinario che era il centro ricerche Fiat e ho iniziato a occuparmi di questo settore dal 1975 quando se ne parlava solo in America e nessuno pensava ancora all’elettronica. Ai colossi interessava solo la parte meccanica, l’hardware, poi si sono accorti che l’elettronica era un valore aggiunto fondamentale e hanno voluto occuparsene, così di piccole aziende in questo comparto ne sono rimaste pochissime. Noi ci siamo sviluppati e siamo cresciuti».

Oggi cosa riuscite a far fare ai robot? «Infinite operazioni, nei campi più disparati: dal taglio laser alla lucidatura, dalle operazioni di pallettatura a quelle legate all’automotive».

Perché la robottizzazione è destinata a farsi sempre più strada e sostituire l’uomo? «Perché la macchina è più precisa, non si distrae. Perché se commette un errore è sempre lo stesso, facile da individuare e correggere».

Come saranno i robot di domani? «Molto più flessibili e autonomi, in grado di svolgere praticamente tutte le operazioni seriali; la vera svolta la darà l’applicazione dell’intelligenza artificiale, così come la prima rivoluzione è arrivata coi microprocessori».

Torniamo ai cinesi: quando è nato il business con loro? «Abbiamo iniziato nel 2014 ad affacciarci sul mercato cinese, che era molto promettente e strutturato e successivamente abbiamo stretto con Efort Intelligent Equipment un partenariato che ha portato il nostro socio cinese al 40% della partecipazione. Abbiamo sempre lavorato benissimo, per questo loro hanno chiesto di aumentare la quota al 49%, perciò la maggioranza rimane nostra. Anche per questo non riusciamo a capire la decisione dello stop governativo a un’operazione imprenditoriale che porterebbe a Robox risorse importanti da investire in Italia».

Adesso cosa farete? «Stiamo predisponendo tutta la documentazione per fare comprendere quanto questa operazione sia utile all’Italia. I nostri codici sorgente, cioè il nucleo del software, li diamo solo per l’utilizzo, la proprietà rimane nostra».

Come vede il 2022? «Molto incerto, perché l’instabilità non favorisce né la ricerca né i mercati. Siamo reduci da due anni di fatturati record (ndr. 7,5 milioni di euro), quest’anno ci si dovrà accontentare di giocare in difesa. E dire che abbiamo tutte le carte in regola per l’incremento del fatturato e dei posti di lavoro».

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